sabato 28 luglio 2012

14/07/2012, h 3.25

Lo so, è da qualche settimana che non scrivo qui, che non entro qui, che non apro la porta dietro la quale ho nascosto il mio mondo "segreto".
Ma non potevo farlo. Qualcosa di immenso mi tratteneva di là.
E' qualcosa di immenso che è arrivato dopo mesi di attesa, respirando per la prima volta l'aria di questo mondo il 14/07/2012, alle 3.25 di una notte piena di preghiere e sguardi apprensivi lanciati verso il cielo stellato. 
E' qualcosa di immenso che porta il nome di Gabriele, è nato con gli occhi aperti, la fronte corrugata e un'espressione interrogativa sul volto. 
Ora c'è. Punto. 
Ora c'è. 
Ora ci sono i suoi occhi nuovi a cercare di sgranare le ombre per vedere ciò che lo circonda, per dare un viso alle voci che per nove mesi ha sentito ovattate da dentro la favolosa casa a forma di pancia in cui abitava; ora ci sono le sue mani, incredibilmente forti per essere così piccole, ad aggrapparsi a tutto ciò che incontrano, a volte persino a loro stesse, per avvicinare o allontanare le cose, tutte queste migliaia di migliaia e ancor più cose che si svelano giorno dopo giorno; ci sono i suoi piedini, scalcianti, freschi e rosa, quando li guardo mi chiedo quali e quante strade percorreranno e Dio, Dio ti prego fa che sian o tutte sicure e valide, senza trappole, senza troppi angoli bui...; cè la sua bocca, la sua voce che grida quello che vorrebbe dire ma ancora non può farlo a parole...c'è la sua anima, quella che più di nove mesi fa è scesa, come una stella cadente dal cielo (ma il cielo vero, quello nascosto dietro il velo di stelle, dietro la luce del sole, quello che ha un nome talmente grande da non poter trovare nessuna vera definizione), pescata tra miliardi di miliardi di possibilità dalle mani sapienti di Qualcuno che sapeva già della sua esistenza ancora prima che lo sapessero i suoi genitori.
Ora è qui, ora c'è, punto. E mi piace pensare che l'Universo sapesse del suo arrivo, come di quello di ogni altro bambino, ogni altra vita scelta e inviata quaggiù, tra queste notti insonni e questi cieli sporchi, tra queste strade e queste case polverose e spaventate, dove tutto, ma proprio tutto sembra tremare, fuori e dentro di noi. 
L'Universo sì, lo sapeva del suo arrivo, perché tutto si è fermato, l'ho sentito, quando è nato, forse proprio nell'attimo in cui per la prima volta ha pianto, urlando la sua presenza:  un immenso, gigantesco sospiro del mondo, che spazza via tutto, tutto l'errore, tutto il tremore, tutto lo sporco...un soffio che spolvera, un soffio che riempie, un soffio che ti scuote e respirando a pieni polmoni ti fa guardare in alto e sbarrare gli occhi perché...perché...eccolo!!! Eccolo lì, lì, dove è sempre stato! Dietro e dentro un cielo pulito e profondo, uno sguardo infinito, un contatto prezioso e raro, una mano lontana che disegna tutto e che tutto risveglia, un sorriso ineffabile ricolmo di promesse...e che, sì...ha un nome talmente grande da non poter trovare nessuna vera definizione. 
In quella notte di preghiere, cavalcando quel soffio, ho urlato un grazie infinito. 

Come ho già detto, come dirò sempre, benvenuto Gabry, benvenuto nipotino mio. Ti prometto che, sempre, nella tua vita, ogni volta che tenderai la mano, incontrerai la mia. 






sabato 7 luglio 2012

Quella stanza in cima alle scale...

Oh...i pomeriggi d'estate sembrano fatti apposta per pescare ricordi dalle sacche del tempo. Il passato è una grande, immensa soffitta impolverata che contiene ogni secondo della nostra vita.
Vi capita mai di farci un giro, in quella soffitta? Vi capita mai di entrarci quasi in punta di piedi, nella penombra calda e odorosa di polvere? 
Vi capita? 
Vi capita di sfiorare i ricordi come fossero cassetti di legno massiccio incastonati uno accanto all'altro?
No, non si tratta di vivere nel passato, non si tratta nemmeno di non aver voglia di vivere il presente o di pensare al futuro, si tratta solo di salire delle scale che a un certo punto, per qualche strana ragione compaiono dentro di noi, arrivare di fronte a una vecchia porta che non cambia mai, di cui solo noi abbiamo la chiave giusta per far scattare l'antica serratura, aprirla, tirare un profondo respiro e richiuderla alle nostre spalle.
In cima a quella scala, oltre quella porta, c'è e ci sarà sempre la parte più vera di noi. Quell'incancellabile, indelebile impronta in questo mondo e in questo tempo che abbiamo lasciato vivendo gli attimi che ci sono stati dati. 
E' l'unica stanza che appartiene davvero, nel senso più puro e stretto, forse nell'unico senso realmente possibile in un'esistenza. E per quanto - psicologi e non - possano dirvi che tornarvi troppo spesso possa farvi male, io credo che aiuti a non perderci mai di vista. A non perdere di vista i nostri occhi, la profondità del nostro sguardo e cosa è riuscito a vedere, le mareggiate dei nostri sentimenti, le guglie di paura, gli arcobaleni di gioia, i mille sobbalzi del cuore 
Bum-bum
Bum-bum
Bum-bum
...e poi...
...
...e poi quegli attimi in cui il cuore si è fermato, quelli in cui abbiamo trattenuto il respiro. Che fosse per paura, per gioia o per amore, ognuno di quegli attimi è un colpo di martello sullo scalpello che ha scolpito la nostra persona. 
Sono lì dentro, credetemi, sono tutti in quella stanza, e lo sappiamo solo noi dove sono nascosti, in quali cassetti, sotto quali fotografie o profumi. 
Non è così?
E' così. 
Cosa serve per far comparire la scala? A volte basta una canzone...e tutto prende il via. Chiudi gli occhi, respiri, e lì, in un angolo della casa, dove prima c'era magari il frigorifero, o il mobile del televisore, ecco emergere degli scalini di pietra (pietra sì, pietra solida e forte) e un corrimano di legno. Li vedete, sì, lo so che li vedete, anche se vi sembra impossibile perché ormai i vostri occhi sono aperti, la scala è lì, non vi resta che salirla e aprire la porta che vi troverete davanti. 
Stateci tutto il tempo che volete, perché quel tempo è solo vostro, di nessun altro. 
I pomeriggi d'estate sembrano fatti apposta sì...e sorrido ancora, adesso, mentre scrivo dopo aver ridisceso gli ultimi gradini e aver nascosto la mia chiave in tasca. 
Sorrido perché oggi il mio ricordo era magico, aveva la musica di un vecchio film, uno di quelli in cui poteva succedere di tutto perché il mondo in cui si svolgeva si chiamava Fantàsia; esiste un nome più bello, dico io, per un mondo? 
Oh... no,davvero non esiste. 
Ad ascoltare quella musica oggi, con me nella stanza in cima alle scale, c'era una bambina dai capelli chiari e leggermente mossi, se ne stava raggomitolata in un nascondiglio di fortuna creato con oggetti e coperte trovati in giro per casa...un vecchio telo da campeggio. E' buio, nel suo nascondiglio, la bambina ha una torcia in mano e illumina le pagine di un libro aperto sulle sue ginocchia. 
Sta cercando di concentrarsi. Sa che se sarà abbastanza brava, riuscirà a volare via da questo mondo, almeno per un po', magari sul dorso di un FortunaDrago bianco di nome Falkor e...e lei potrà fare la sua parte per salvare il mondo di Fantàsia, salvarlo dal terribile Nulla. 
Voi non lo sapete, ma io sì: quella bambina c'è riuscita, a volare via. 
Anche se il libro che leggeva nel suo nascondiglio era Zanna Bianca, anche non era la protagonista di un film, sul FortunaDrago lei ci è stata...più e più volte. 
E io, oggi, ho volato con lei.