mercoledì 22 agosto 2018

22/08/18, I SOGNI RI(N)CORRENTI

Ho da sempre fatto sogni molto vividi, ricchi di sensazioni e immagini. Non si sono mai fermati alla notte, mi strisciano addosso per ore e ore anche dopo la sveglia e non è sempre una bella cosa. In questo caos, mi appartengono uno o due sogni ricorrenti che mi perseguitano sin da bambina, ma ultimamente se n'è aggiunto un altro.... l'ho capito dalla prima volta in cui si è manifestato che non mi avrebbe abbandonata mai. Perché da subito, loro, i sogni ricorrenti, ti dicono che ti hanno trovata e che nella tua mente, per qualche strana ragione, ci stan belli larghi e comodi. Hanno uno spessore diverso, vibrano di un'energia più densa e, soprattutto, sanno perfettamente chi sei e di cosa hai paura o bisogno, a seconda del fatto che vogliano perseguitarti o provare a guarirti.
Quello di cui parlo oggi, quello che anche stanotte mi ha rincorsa e trovata è uno di quelli che perseguita e lo sa fare bene ed è fatto, principalmente, di acensori. E no, non ascensori qualunque; questi viaggiano da sopra a sotto e viceversa, ma anche da destra a sinistra o in diagonale, su rotaie e ingranaggi di ogni tipo. Escono all'esterno delle strutture, passano da un edificio all'altro ma sono sempre troppo lenti... i loro percorsi vengono continuamente deviati o rallentati, non mi portano mai dove dovrei andare se non quando ormai è troppo tardi e, allora, mi ritrovo al buio in un posto sconosciuto e confuso. E poi sono traballanti. Instabili. Molte volte non hanno pareti, ma solo pavimenti obliqui.
Quello di stanotte era l'ascensore di un ospedale grande quasi quanto una città, una città antica, questo si capiva dalle guglie che intravedevo mentre l'ascensore mi trasportava attraverso corridoi dalle pareti di vetro che si infilavano dentro e fuori le mura come il filo dietro all'ago da cucito di un gigante.
Sapevo bene dove dovevo andare, ma sapevo anche che me ne stavo allontanando. E cercavo di fermare le persone mentre salivano, gli chiedevo per favore di aspettare la prossima corsa, ma era tutto inutile... le loro destinazioni arrivavano sempre prima della mia.
Da sola, dopo un lungo tratto lento e al buio, sono finalmente scesa da quel cubo mobile.
Le urla e la confusione mi hanno avvolta in un abbraccio, nonostante i corrodi fossero deserti e spenti.
Urla incomprensibili, confusione di parole, lamenti.
Erano le voci dei pazienti.
In fondo al corridoio una stanza accesa, sapevo che sarei dovuta entrare là, per andare a trovare chi aveva bisogno di me. Dietro, la bocca dell'ascensore era aperta e sembrava quasi respirare con un alito tiepido. "Cosa fai?", sembrava chiedermi, "Vai o torni, bambina?".
Vado.
E un passo dopo l'altro mi sono diretta verso l'unica luce accesa dove sapevo che ad aspettarmi c'era qualcosa di spaventoso.
Spaventoso come la mente quando perde il controllo; spaventoso come le persone con gli occhi ridenti su volti stanchi; spaventoso come le cantilene allegre e i battiti di mani in piena notte, quando tutti dormono o dovrebbero dormire.
Spaventoso come i ricordi che ti rincorrono, i sogni che ricorrono e gli ascensori che ti mangiano.
Sapevo che saresti tornato, maledetto sogno carnivoro.
Sapevo che saresti tornato e ritornerai.