Non lo so quante persone possono dire di appartenere a certi luoghi... Lo pensavo stasera quando, rientrando da una serata, mi sono concessa un lungo giro in auto per la mia città. Era un'abitudine che avevo anni fa, quando salutati gli amici sentivo che la strada verso casa era troppo breve per bastare a me stessa. Ho sempre avvertito questo bisogno di pensare, ho sempre cercato lo spazio per farlo, purtroppo o per fortuna. Allora l'ho fatto anche stasera, e le strade erano splendidamente vuote e silenziose, invitanti. Ho sfiorato parcheggi e parchetti, prati un tempo incolti trasformati in parchi giochi, case ristrutturate, cancelli ridipinti che ancora nascondono, sotto qualche strato di vernice, le mie impronte di ragazzina. Strade asfaltate di fresco, angoli bui che solo io conoscevo. E' strano trovarsi a passare per un luogo che ti ha vista in mille età e mille stati d'animo, qualcosa di te rimane aggrappato per terra, ogni volta che ci passi, anche se non te ne accorgi rimane lì, pronto a fare da testimone al tuo prossimo passaggio; un'ombra, un leggero movimento agli angoli della normale percezione delle cose, una mano alzata a salutarti che ti dice "Sono io, e sono te. Sono te quando eri qui l'ultima volta e ora sarò te per la prossima volta."
Sono viaggi, questi vagabondaggi serali, che anche se non sembra portano lontano.
Ed è bella e tremenda al tempo stesso la sensazione di toccare (anche solo con lo sguardo) alberi, panchine, pietre e muri e sapere - averne la certezza - di essere riconosciuti.
Sì, certo, io ho sempre avuto voglia di scappare e, per qualche strano scherzo del destino, la vita ha voluto inchiodarmi qui senza permettermi di respirare. Qui sono vissuta e vivo. Qui ho provato e provo ancora a permettermi di sognare, di sperare. Da qui ho visto gente partire, altra arrivare. Qui, sempre qui, ho combattuto battaglie dure come l'acciaio...dure come l'acciaio.
Alla fine del viaggio ho messo la freccia e ho svoltato nella mia via, quella che mi porta a quella casa che non ho mai sentito mia, quella che prima di tornarci dovevo metterci spazio e tempo.
La vita ha voluto inchiodarmi qui, e a questi luoghi io ora in qualche modo appartengo. Perché non sono capace di vivere senza consumarmi, senza regalare a tutto ciò che tocco qualcosa di me. E soprattutto non sono capace, non sono mai stata capace e forse non lo sarò mai, di tornare a casa.