Non ce l'hai fatta Ison, anche se tutti ci speravamo.
Avevamo bisogno di vederti lì, ferma e brillante nel cielo, con la tua coda di
cometa a dipingere di luce l'universo buio. Avevamo bisogno che ci dicessi che
l'infinito esiste, e che lo facessi nel modo più semplice possibile: la luce
che brilla nel nero, e che si muove, che va, che non sta ferma, che arriva da
non si sa dove e che, sfioratici, arriverà lontano. Avresti portato con te un
pezzo di noi, Ison. Un pezzo dei nostri cuori appesi a mille immagini di sogni
infranti o appena nati, mille sospiri di anime perse, miliardi di voci, di dita, ad indicarti lassù.
Non ce l'hai fatta, Ison.
Mentre viaggiavi veloce nel
silenzioso infinito e gettavi uno sguardo, solo un rapidissimo sguardo ridente
alla Terra, il Sole ti ha fermata.
Non lo sapevi, Ison.
Non lo sapevi dei nostri battiti del
cuore, della paura dei nostri figli, degli sguardi d'oro dei nostri bambini,
preziosi più dei gioielli. Non lo sapevi, perché se lo avessi saputo saresti
stata più attenta.
Non ce l'hai fatta, Ison.
A dirci come viaggiare, a
consigliarci dove andare. Sei svanita nell'immenso calore che ci dona le albe e
i tramonti dei giorni, senza che facessimo a tempo a capire che cosa volessi
dirci mentre passavi per caso di qua.
Non ce l'hai fatta, Ison, e miliardi di braccia e di sguardi
si sono abbassati quaggiù, perché non sanno più guardare il Cielo senza che
qualcuno gliene consigli il motivo.
La luce che brilla e sconfigge il nero, Ison, miliardi di
sguardi e di cuori, quaggiù, non la vedono più.
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