Salgo l'ultimo gradino della scala di una contrada ombrosa e sbuco nel sole e nel vociare di un vicolo di Varenna.
Qualche gridolino, qualche risata, dei bambini che si rincorrono e io che cerco di abituare gli occhi alla luce improvvisa. Mi volto verso le persone che ormai sono tutte di spalle e davanti a me compare lui.
E' un bimbo piccolo, di circa 4 anni, è biondo come il grano e ha le guancine tonde tonde e un braccino ingessato, il destro. Cammina con lo sguardo rivolto a terra, impossibile capire a quale labirintico pensiero bambinesco sia dedicata la sua mente, ma qualcosa di quel lavorìo mi arriva al cuore.
Alzo la Canon, inquadro, allargo, scatto...
E lui, adesso è qui.
E' qui che cammina nel vicolo soleggiato di Varenna, appena fuori da una contrada ombrosa da cui spira un vento fortissimo ma piacevole e fischiante.
E' qui che cammina con la testa piccola avvolta nei suoi pensieri piccoli e, forse, ancora non lo sa quanto poi possano diventare grandi, se la vita ci si mette.
Lo guardo e penso che gli auguro ogni infinito bene del mondo.
Se non altro perché è un bimbo, e ai bimbi si dovrebbe confezionare qualche cosa di decente, anziché questa società perdente; e poi perché non ha paura di rimanere indietro con il passo, se deve pensare. E poi perché ha un braccino rotto che gli impedisce di giocare come avrebbe voluto fare.
E poi...
Poi perché in quel vicolo, in quel preciso momento, lui era l'essere più vivifico di tutti. Più di me, più del mio compagno, più dei suoi genitori, più dei suoi fratellini più grandi, urlanti e gioiosi poco più avanti.
Perché la vita è inversamente proporzionale allo spazio che occupa, è così che funziona.
Più è piccolo il corpo che la contiene e più lei esplode, potente.
E lo dice, se guardate bene la fotografia, lo dice...
Lo dice il suo brillare, lo dice il suo splendore quasi uguale a quello del sole. Lo dicono i suoi passi, piccoli e precisi.
Lo dice la sua ombra... nitida e netta, scura e definita.
Definita più delle cose ferme nonostante lui si muova, nitida più dei muri, nonostante lui sia di carne soffice.
Vai, bimbo biondo...
Ti prego prova a cambiare, nel tuo piccolo, questo mondo.
Sii forte e coraggioso.
Sii onesto e sicuro.
Fai sempre il tuo dovere e non avere paura di piangere, quando ti capiterà di tremare.
Non saprai mai chi sono, ma vivrai per sempre qui... nella fotografia in bianco e nero di un vicolo bagnato dal sole tiepido di un tardo pomeriggio, mentre poco distante un lago parla, piano, di quel che conosce e che noi non sappiamo.
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