giovedì 18 agosto 2016

Libera Recensione - L'altro capo del filo, Andrea Camilleri

L'altro capo del filo, Andrea Camilleri
L'altro capo del filo è il mio primo libro di Camilleri, premessa doverosa. Da tempo lo osservavo da lontano, dicendo tra me e me "Prima o poi, io un libro di Camilleri lo devo leggere..." e nella mia mente, Camilleri è quasi sinonimo di Montalbano, l'ormai celeberrimo commissario siciliano che tutti, in un modo o nell'altro, amiamo e conosciamo. E, va detto, con questa semplicistica associazione mentale, lungi da me togliere qualcosa alla carriera stellare del Maestro Andrea Camilleri e alla sua incredibilmente prolifica produzione di opere con le quali ha arricchito notevolmente il mondo letterario italiano; ma tant'è, Montalbano è la prima cosa a cui penso se sento nominare Camilleri e credo di poterlo affermare senza tema di offenderlo: i personaggi che inventiamo e che vivono, poi, di vita propria grazie a noi, sono inestimabilmente preziosi per ogni scrittore.
Ma torniamo a noi, ovvero alla recensione del libro l'altro capo del filo... Che libro è? E', a mio avviso, un libro di difficile definizione. No, non in senso negativo, tutt'altro: le vicende si srotolano senza fermarsi mai, senza un attimo di sosta o riposo, dall'inizio alla fine. Non si assiste a un racconto, ma al vero e proprio prendere forma di persone e storie che si intrecciano fra loro sullo sfondo di una Sicilia dolorosamente partecipe dell'immenso dramma umano che è la migrazione.
Il "caso" che impegnerà il Commissario Montalbano, l'uccisione violenta e crudele di una donna bellissima e affascinante (una sarta, che circondata da meravigliose stoffe e tessuti riercati sembra confezionare, insieme agli abiti di stupenda fattura, anche la sua stessa aura di fascino screziato da qualcosa di oscuro che la segue, nascondendosi tra le pieghe della sua vita) si inserisce con violenza nella vita già tesa all'inverosimile del commissariato e spinge alla ricerca di significati e indizi apparentemente inesistenti la mente provata ma brillante del Commissario. Quello che si trova  all'altro capo del filo è un luogo, è una persona, è un mondo, è la risposta a mille domande, è una direzione e una voce.
E' la fine della ricerca e al contempo l'inizio della vicenda che forma quel gomitolo di vita nel quale il Commissario e i suoi uomini si trovano impigliati durante la risoluzione del caso.
Leggerlo significa partecipare alle domande, alla frustrazione della stanchezza, allo scandalo della violenza che irrompe nei giorni qualsiasi, alla lotta per trovare la strada giusta. Leggerlo significa cercare ciò che si trova, sempre, all'altro capo del filo.




mercoledì 17 agosto 2016

Ricomincia da qui: tu, sei così.

È già successo altre volte, vero? L'aria che si sposta un soffio più in là senza un'apparente ragione valida e lascia dietro di sé qualcosa di sospeso che, in un attimo, ti corre addosso.
Ha forme e nomi diversi, ogni volta, ma parla una lingua che non ti lascia il tempo di pensare.
Sei lì e ascolti, perché ti piomba contro con una violenza tale da farti dimenticare dove ti trovi e dove sei stato negli ultimi scampoli di vita. E quello che senti ti gonfia il petto e ti soffia dentro ossigeno strano; ti scuote le spalle e ti grida in faccia la realtà che una forza sbagliata cercava di negare.
È già successo altre volte, vero? Ti sei dimenticato chi sei. E tutti i passi che mettevi davanti andavano a sbattere contro muri che non vedevi e ancora non vedi. Inciampavi nel sottobosco buio di quell'ombra sotto cui ti muovevi furtivo pensando di non poter appartenere alla luce del mondo che ti escludeva. E obiettivi mangiati dal tempo, traguardi bruciati dal sole nel deserto del niente.
È già successo altre volte, e dovevi saperlo. Dovevi sapere che funziona così, che questi sono i trucchi di quel mago marcio che è il destino avverso, quello che non esiste se tu non glielo permetti; quello che è costretto a vivere a metà se tu gli strappi di mano il cilindro e lo butti nel fuoco di quello in cui credi. Ti sorride benevolo ma mentre lo fa, sputa un odore dolciastro e stantio; ti tende la mano e ti porta a sederti su poltrone ripiene di vermi che, se non stai attento, prima o poi divoreranno tutto quello che hai, a cominciare dalla tua carne. Ti osserva da lontano ma ti fa credere di essere vicino perché senti il suo fiato sul collo dal sole che sorge al mattino fino al tramonto della sera. E piange, il destino. Lo fa e ti consola quando piangi tu, con le sue mani fredde a ghermirti la vita, la vita del corpo e la vita del tempo, ti dice che non è giusto mentre dal cilindro tira fuori un'altra partita persa.
È già successo altre volte, sì, dovevi capirlo, ma è andata così. Anche di questo si nutre il destino cattivo: di rimpianto e paura di non fare più in tempo. Lascialo andare, ricomincia da qui, da quest'aria che cambia e si sposta e trova la forza di dirtelo ancora: tu, sei così.
E ti descrive, in note e colori e dettagli di luce. Ti descrive e colora di forza potente, quella che contieni e la contieni da sempre. L'hai raccolta sui campi di mille battaglie, nei pianti e nei cori dei dolori affrontati: cori di vittoria, cori di sconfitta, cori di vita che squarcia la notte di guerre in salita.
Ricomincia dal corpo, dalle vene e dal sangue. Ricomincia dal volto che ogni mattina hai di fronte. Ricomincia dalla vita che ti è corsa incontro una volta scavalcato il burrone dell'inferno e del suo girotondo. Ricomincia dal vento, e dall'odore di terra e di erba tagliata.
Ricomincia dal cielo di una notte stellata. Ricomincia dal soffio di quell'anima tua, così tua e così forte con la sua armatura. Forte e poi dolce, dolce e poi dura: la vita che esplode e la vita che suda.
E' già successo, è così che funziona. Raccogli le tue armi e riparti da dove ti hanno costretto a fermarti. Ritrova la strada e percorrila con tutta la sete che senti nella gola e nella mente.
Alzati, scrolla la terra di dosso; scuoti le scarpe o toglile e corri. Sposta dal viso i capelli, libera gli occhi dal sonno dell'incantesimo di quel mago marcio. Apri le mani, raccogli la vita. Aggrappati al vento, dai un occhio alla vetta: sorridi, lo fai, è il sapore del fuoco che riprende a bruciare.
E parti di corsa, parti e non voltarti a guardare il burrone d'inferno.
Lascialo lì, lascialo indietro, lascia che soffochi nel suo fuoco spento.
È successo altre volte, ritorni a lottare. Conosci i tuoi limiti ma anche la forza.
La forza potente.
Quella che contieni e la contieni da sempre.
Ricomincia da qui: tu, sei così.