SIAMO COLPEVOLI TUTTI
La strage di Brandizzo deve parlare alle orecchie di molti
Ogni giorno emergono particolari devastanti sulla tragedia di
Brandizzo e no, non voglio usare il termine "agghiacciante" perché si
usa sempre, si usa troppo, si usa quasi come intercalare nei fatti di
cronaca più dolorosi e tutto quel ghiaccio, forse, riesce a togliere un
po' di quel dolore terribile e dilananiante che invece non si può non
provare di fronte ad accadimenti di questo genere.
Quei tre avvertimenti non ascoltati
A fare più male, oggi, è quello scambio di telefonate pochi minuti
prima dello schianto. Quelle che racchiudono, a quanto pare, tre
alert inascoltati che dicevano chiaramente che lì, su quei binari, quei
ragazzi non potevano ancora andarci.
Antonio Massa, l’uomo scorta - ditta, addetto di Rfi, continua a
ripetere da giorni “Ho mandato a morire quei ragazzi...”, lo ripete sin
dai primi istanti, lo ripete in ospedale, lo ripete agli altri e a se stesso.
La procura di Ivrea lo definisce un uomo distrutto e, tutti noi, non
fatichiamo a crederlo.
Le telefonate intercorse tra lui e la tecnica di turno di Chivasso sono
state tre, sembra e, durante la terza, la comunicazione registra
l’arrivo del treno, il suo sferragliare, l’impatto terribile... le grida.
Le grida.
E lì, in quel momento, muoiono tutti e contemporaneamente tutti
falliamo. Muoiono i ragazzi, sì, ma non solo loro. Muore tutto quello
che il lavoro dovrebbe essere.
Di che cosa è figlia la tragedia di Brandizzo?
Perché, di che cosa è davvero figlia, la tragedia di Brandizzo?
No, non è figlia dell'uomo che ha dato il via libera ai lavori pur senza
averne il permesso;
Non è figlia dei macchinisti, che ora vivranno con quel rumore di
corpi e grida a perseguitarli giorno e notte;
Non è figlia di quei poveri lavoratori dilaniati dal treno;
Non è figlia tantomeno di chi, giustamente, non dava il via libera
perché non ce n'erano le condizioni.
Questa tragedia è figlia di questo mondo del lavoro marcio, avariato.
È figlia della paura delle penali, della corsa a un oro ormai povero e
impoverito, fatto di appalti miseri e insufficienti.
Questa tragedia è figlia di chi crede che lavorare veloci sia meglio
che lavorare bene; che finire prima sia meglio che finire giusto. È
figlia di chi obbliga gli uomini a somigliare alle macchine sotto la
minaccia di sostituirli con loro.
Tutti siamo colpevoli
Tutti sono colpevoli.
Quelle cinque vite, anzi no, quelle DECINE di vite: quelle dei cinque
operai, delle loro famiglie e amici, quelle dei macchinisti e delle loro
famiglie e amici, quelle dei superstiti e delle loro famiglie e amici...
Ecco, tutte queste vite uccise o rovinate sono sulla coscienza di chi
partecipa a questa scellerata discesa della qualità di fronte alla
velocità. Dell'automazione di fronte all'umanità, dello sfruttamento di
fronte alla dignità che dovrebbe regnare come unica r potente regina
in ogni luogo di lavoro e non solo.
Tutti SIETE colpevoli.
Tutti voi che credete che la vita dei lavoratori sia in vostro possesso.
Tutti voi che pensate che lavorare sia scendere a patti, anziché un
diritto.
Tutti, siamo colpevoli.
"Sono morti tutti... Sono morti tutti."
Dice l'ultima telefonata intercettata.
Sono certa che se la ascoltassimo con attenzione, si sentirebbero
anche i sospiri dolenti e rabbiosi di quelle anime appena strappate
dai corpi, come stracci, come carne da macello...
"Siete colpevoli, TUTTI."
Direbbero, mentre il mondo fatto di fatica e sempre più
incomprensibili ingiustizie diventava per loro un puntino lontano.
"Siete colpevoli tutti..."
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