Un tuffo. Ecco cosa sembra, il suo.
Un tuffo nel nulla o nel tutto, a seconda
di come si veda la vita, a seconda dell’importanza che diamo a quello che ci
sta sotto…e sopra.
Ma il suo, il suo è un tuffo nel tutto.
E un grido.
Un grido che suona come un annuncio. Un
grido che sembra dire che il cielo è suo e guai a chi glielo tocca.
E’ lei, la riconosco dalla striscia bianca
sul dorso. E’ tornata anche quest’anno nello stesso nido, dopo aver sorvolato terre
e mari, seguendo una strada invisibile a chi non fa parte di quel tutto in cui
lei vola, e che a noi è dato solo di respirare. Che viaggio duro deve essere
stato, mentre dentro di lei già portava le nuove piccole vite protette nelle
loro uova. Quanti tetti avrà guardato, da lassù, desiderando solo il suo, il
più bello, quello che protegge da più di vent’anni ormai la sua piccola
splendida casina che se ne sta arroccata in un minuscolo angolo sotto la
tettoia del palazzo in cui abito.
Quanti chilometri di volo, prima di
approdarvi, stanca.
Ne sono arrivate di tempeste, da queste
parti, ne è soffiato di vento. È caduta grandine e neve, ma quel nido arroccato
in quell’angolo non ha mai ceduto.
Sembra dirmi qualcosa, sembra dirlo a
tutti, a dire il vero, se solo fossimo disposti ad ascoltare un po’ di più,
noi, esseri intelligenti chiusi in gabbie di cemento mai abbastanza belle da
soddisfare il nostro appetito d’apparenza.
Eppure lei se ne sbatte. Lei, è tornata a
riaprire le porte della sua casetta vecchia di vent’anni e più, e l’ha trovata
accogliente, bellissima, sua, perché lì dentro lei c’è nata.
E prima di lei i suoi genitori, e via
così…per generazioni. E ora ci deporrà le uova da cui beccheranno fuori i suoi
piccoli.
È così che va la vita, in fondo, no? Ci si
deve solo trovare un tetto, un tetto sotto cui stare e da cui spiccare il
tuffo.
Il tuffo e il grido. Quello che dice agli
altri che ci siamo, e che facciamo parte di questo benedetto tutto.
Bè, grazie, piccola rondine dalla striscia
bianca. Oggi vedendoti mi è sembrato di farlo, quel tuffo, di farlo davvero.
Perché ti ho vista, sai?
Lanciarti a picco per poi riprendere quota
e garrire, il becco rivolto al sole, le ali ad accarezzare il vento.
L’ho sentito, sai?
Quel brivido che ti ha attraversata mentre
in un modo strano dicevi che era tuo, tutto tuo quel cielo splendido di
primavera. Tue le correnti tiepide a scorrerti tra le piume, tuo il sole, tua
quell’aria che a me, povera, piccola me, è dato solo di respirare.
Chiudo la finestra e mi sorprendo a
sorridere, tranquilla. Ti vedo ancora lassù, lontana, mentre voli di qua e di
là salutando il quartiere…e penso che ancora una volta, qualcosa di importante
è tornato al suo posto.
Per un attimo il mondo mi sembra un posto
splendido, un posto in cui si può sempre riuscire a tornare a casa, per quanto
lontani ci si sia spinti, un posto in cui ci si può tuffare a picco e poi
riprendere quota, un posto in cui si vola in alto….si vola liberi…un posto in
cui i piccoli nidi resistono a ogni tempesta.
Bene bene Maruz! Ci vuole uno spiraglio, e ben venga!!! Bello bello bello, mi piace questa scelta! :)
RispondiEliminaGrazie mille Ele, sai quanto ci tenevo a quest'idea, e ora è, almeno in parte, realizzata.
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